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VINO E JAZZ AL TUNNEL BORBONICO

JAZZ E VINO AL TUNNEL Cosa ci fa IL TERROIR alla Galleria Borbonica che, dalla Reggia di Ferdinando IV, passando ad oltre 20 metri di profondità sotto Piazza del Plebiscito, sbuca dall’altro lato della collinetta di Monte di Dio, in via Morelli, proprio di fronte alla grande Caserma dei Carabinieri? E’ chiaro: seguiamo il nostro istinto che ci porta ad unire storia, arte e  vino in un connubio perfetto! Sì perchè i due grandi capitoli  costitutivi di un popolo e del proprio territorio, la storia e l’arte, si intrecciano tra di loro come espressione di un  mondo, delle sue radici, proprio come i frutti benedetti delle viti campane, che  esprimono vini sempre più apprezzati e riconosciuti nel mondo enologico, per raffinata ed elegante finezza. E raffinata ed elegante è la voce di Simona De Rosa, jazz singer figlia di questa stessa terra napoletana, formatasi tra l’Italia e gli Stati Uniti, che sarà in concerto alla Galleria Borbonica il 30 Aprile, in occasione dell’ International Jazz Day. Il Quartet vedrà affiancarsi alla voce di Simona De Rosa, il piano di Alessio Busanca, il contrabbasso di Aldo Vigorito e la batteria di Luigi Del Prete. il repertorio proposto sarà standard jazz e brani internazionali. Ovviamente, come in ogni performance jazz, l’artista esce ed entra senza soluzione di continuità da schemi mai rigidi, cosa più consona ad altri generi musicali, per dar vita ad improvvisazioni che si inerpicano su scale armoniche che appaiono sempre diverse dando vita ad emozioni sempre nuove, mai uguali a se stesse. Così anche dal pubblico di queste performances ci si aspetta un atteggiamento sciolto, partecipe, mai ingessato in un  formalismo che non appartiene al mondo del jazz. Cosa c’è di meglio allora di un calice di un buon vino da gustare a piccoli sorsi per sciogliersi l’anima e farsi pervadere dalla musica? “Capafresca” è il marchio dei Vini Menduni De Rossi che ci accompagnerà, innaffiando le note del concerto.

SABATO 30 APRILE h 20.30 Vico del Grottone, 4 / Via D.Morelli c/o Parcheggio Morelli

20.30 Guida Turistica 21.30 Concerto & Winetasting

 

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VIDEO INTERVISTE TERRAMIA

Interviste e resoconti della giornalista Edda Cioffi  sull’ Evento Terramia: Di Vino in Vino di Olio in Olio. Uno spot pubblicitario per la location Villa Aristea che però mette in risalto obiettivi e finalità di una kermesse che punta alla valutazione del territorio sannita e campano, attraverso le voci di Stefano Silvestro, Gennaro Iorio e Antonio Monaco. https://youtu.be/gammVWcK9PY

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CASAVECCHIA: UN VINO TUTTO DA SCOPRIRE, IL PRIVILEGIO DI DEGUSTARE UNA DOC ANCORA POCO NOTA

27Riguardo al vino Casavecchia va subito detto che si è aggiunto alle DOC campane da pochissimi anni e quindi non desta meraviglia il fatto che in tanti non conoscano questo vino e il suo vitigno omonimo. Basti considerare che il suo consumo è appannaggio per più del 50% nella stessa provincia di Caserta dove nasce, il 75% si consuma in Campania e appena il 15% va sul territorio nazionale.; l’ultimo 10% va sui mercati esteri. Dunque potremmo dire che si tratta di una “DOC a kilometri zero”, nel senso che viene consumato soprattutto la dove nasce, il che non è detto che sia un fattore negativo: le cose buone sono spesso nascoste ai più, vanno scoperte, ed in qualche maniera noi, che campani siamo, non me ne voglia chi non lo è, abbiamo il vantaggio ed il privilegio di poterne più facilmente recuperare una bottiglia per degustarlo e fare la sua conoscenza.

L’abbiamo fatto in una delle nostre degustazioni conviviali che ci regaliamo periodicamente con quanti ci accompagnano in un ideale viaggio, anzi no, direi piuttosto concreto, A Spasso tra i Sapori, ed è stata un’esperienza che senza meno raccomandiamo a quanti vogliano conoscere un vino che ha sicuramente molto da dire e raccontare di sè.

bicchiere_nobile[1]Quando scende nel calice il Casavecchia rivela subito una consistenza che già annuncia un carico di sostanza e promette sensazioni intense ed avvolgenti già all’olfatto. Il colore è di un suadente rosso rubino abbastanza intenso, che tende naturalmente al granato con l’invecchiamento, mentre al naso si annuncia con frutti maturi ed un put pourri di mammole e viole secche per presto virare verso sensazioni di buona evoluzione con accenni di spezie esotiche, cannella zenzero, pepe. Questa morbida complessità è pure sostenuta da una diffusa mineralità.

Il Casavecchia, vino, è prodotto all’interno di un territorio ristretto che comprende i comuni di Castel di Sasso, Formicola, Liberi, Pontelatone, e si spinge solo fino a Caiazzo, Ruviano e Castel Campagnano, tra il fiume Volturno e il Monte Maggiore, a nord di Caserta. Da disciplinare, questo vino è prodotto da uve “Casavecchia” per almeno l’85% (il restante 15% uve rosse approvate per  la regione Campania), in due tipologie, “Rosso” e “Riserva”. L’affinamento per la tipologia “Rosso” deve essere di almeno due anni, di cui almeno uno in legno, mentre per il vino “riserva”, tre anni di cui almeno 18 mesi in legno. Titolo alcolimetrico minimo totale: rosso 12,50% Vol, riserva 13,00%Vol. La permanenza in botti non serve a dare al vino un sapore di legno, come erroneamente si può pensare, ma gli concede soprattutto un buon periodo di microssigenazione che ne ammorbidisce i tannini rendendolo, così, ricco e tipicamente suadente.

Le caratteristiche del vino, stando al disciplinare, sono: colore rubino piu’ o meno intenso, tendente al granato con l’invecchiamento; olfatto, intenso, persistente, caratteristico; palato, secco, sapido, giustamente tannico, morbido e di corpo;.

Curiosa la storia di questo vitigno, dalle radici antiche ma con sviluppi recentissimi, poichè solo nel 2002 è stato inserito come vitigno autoctono nel Registro Nazionale varietà di Vite del MiPAF. Ciononostante, sembra che esistano in zona ceppi prefillosserici su piede franco, ancora produttivi. Il nome dato a questo vino sa di leggenda: fu infatti un contadino di Pontelatone a trovare, alla fine dell’800, un antico ceppo di questa varietà, chissà come abbandonato e sopravvissuto, ultimo nella zona, all’interno di un rudere nel suo podere e, riprendendo da quella pianta un primo vigneto, il vino che ne traeva era così tipico e buono che le genti del luogo, apprezzandolo, lo identificarono come “ò vino e chella casa vecchia!”… da cui il nome “Casavecchia”. I figli di quel contadino, intervistati negli anni ‘30 del secolo scorso, confermarono il ritrovamento di una vecchia pianta dal fusto superiore ai 20 centimetri di diametro, confermando che quella vite era dunque sopravvissuta pressoché indenne e vitale alle tremende infestazioni di oidio e di fillossera della seconda metà dell’800, riuscendo poi a ripartire per dare vita alla progenie cui oggi si attribuisce questa DOC che definirei stoica oltreché storica! Buona degustazione a tutti!

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UN VINO DA CONOSCERE ED APPREZZARE: IL PALLAGRELLO

vigna-del-ventaglioParlare di vino può sembrare argomento specifico per cultori di enologia o per amanti della buona tavola ma se si pensa alle storie e alle tradizioni che il vino, questo elemento così atavicamente inserito nella vita dell’uomo, suscita e si porta dietro è facile dimostrare che non è così. Il vino è talmente legato alle vicende umane da arrivare anche a stravolgere la vita e i percorsi, la Storia con la maiuscola, di interi territori o regioni del mondo; è successo con lo Champagne che ha reso celebre nel mondo una piccolissima regione della Francia, con il Brunello che ha legato a filo doppio la sua fama con la realtà del piccolo borgo di Montalcino , con lo Zinfandel che emigrò come Primitivo dalla Puglia di Gioia del Colle per andare a rendere famosa la California come culla dei vini statunitensi, oggi anche di ottime caratteristiche. Ma gli esempi potrebbero essere infiniti: per quanti vini esistano, altrettanti vitigni potrebbero raccontare storie di uomini e di imprese fatte di dura fatica e di grandi risultati raggiunti. Tra queste storie fantastiche se ne inserisce a pieno titolo una tutta campana, quella del Pallagrello, un po’ misteriosa e mai abbastanza conosciuta. Come un brigante di memoria borbonica, questo vitigno si aggira tra le colline caiatine, in un territorio ben circoscritto e riconoscibile, dove per secoli ha spadroneggiato e da dove non è mai stato cacciato ma è stato però costretto pure a nascondersi. Infatti, parlando di Borboni, era il Re Ferdinando che nutriva una vera e propria venerazione per quest’uva, ben nota alla sua epoca, da cui si produceva un vino di cui egli andava matto; tanto che, istituendo una vigna a San Leucio, dove aveva voluto raccogliere in un coreografico “ventaglio” tutte le uve principali del suo regno, al Pallagrello fece riservare spazio sia per la varietà a bacca bianca che per quella a bacca rossa. Poi la terribile devastazione della fillossera, pur se arrivata tardi in Campania, ed altre avversità del dopo-unità d’Italia, in primis le guerre, ne fecero quasi perdere le tracce: il brigante Pallagrello non era morto… ma umiliato, sì! Infatti, nonostante le caratteristiche di quest’uva fossero ben note e riconosciute dagli agronomi dell’epoca, come dimostrano gli scritti del Froio di fine ‘800, la varietà a bacca bianca veniva sempre più identificata con la Coda di Volpe, un’uva presente anch’essa sullo stesso territorio ma non ancora nota sul mercato nazionale, mentre quella a bacca nera era confusa con l’aglianico. Ma c’è di peggio: un grappolo tendenzialmente spargolo e dai chicchi piccoli non può dare rese eccezionali e ciò convinse tanti viticoltori a far giungere anche in Campania i ben più prolifici sangiovese e trebbiano. Questa politica della quantità a scapito spesso della qualità ma soprattutto a danno della ricchezza rappresentata dall’unicità e dalla tipicità di una varietà autoctona , è andata avanti almeno fino agli anni ‘80 del secolo scorso. Poi è iniziato un graduale e inarrestabile recupero di tutte quelle biodiversità, sancite nel Registro Nazionale delle uve da vino e nel 2002 è arrivato il turno del “brigante” Pallagrello che, finalmente uscito dalla latitanza, ha ripreso posto con tutti gli onori nel disciplinare IGT Terre del Volturno.piripicchio

Oggi, il terroir delle colline caiatine, con la sua consistenza argillosa, oltre a segnare un confine netto e riconoscibile tra le province beneventana e casertana, è evidenziato bene dalla prevalente presenza di ulivi, nell’ apprezzata cultivar “caiazzana”, e sempre più sono le piccole aziende che ridanno spazio, attenzione e dignità al Pallagrello, sia bianco che nero. L’esposizione a sud-est delle colline garantisce un’ottima esposizione, assieme alla fresca ventilazione offerta dalla presenza del massiccio del Matese alle loro spalle. La buona vocazione agricola delle colline è pure sancita dalla presenza di castelli, a Caiazzo, a Castel Campagnano, vestigia di un passato nobiliare che in queste terre vedeva un luogo fertile e fonte certa di risorse remunerative. Oggi la tendenza di questo terroir è quella di riprendersi un ruolo trainante, non più da latitante, ed il Pallagrello può ricoprire di sicuro un ruolo da protagonista.

Ma quali siano i profumi, i sentori, le sensazioni organolettiche che questi due vini, il Pallagrello bianco e il Pallagrello nero, sanno suscitare, evocare, non è argomento da trattare qui, ma a tavola con amici che abbiano la nostra stessa voglia di scoprirlo. Venerdì sera, 23 Ottobre, ci ritroveremo con quanti vorranno esserci all’Archimagirus di Telese in una cena-degustazione bagnata dal Pallagrello e poi sapremo dire se pure noi, calandoci per un attimo nei panni di un reale di casa Borbone, avremo avuta voglia di dire con lui – “io escò pazz ppé chistu vinò”!12112250_888571867900505_8713464890904843760_n[1]

L’Indicazione Geografica Tipica Terre del Volturno, nella quale oggi rientra a pieno titolo anche il Pallagrello, comprende i Comuni:  Capriati al Volturno, Gallo, Fontegreca, Ciorlano, Prata Letino, Valle Agricola, San Gregorio Matese, Pratella, Ailano, Raviscanina, Sant’Angelo d’Alife, Piedimonte Matese, San Potito Sannitico, Castello Matese, Baia Latina, Alife, Gioia Sannitica, Dragoni, Alvignano, Liberi, Ruviano, Chiazzo, Castel Campagnano, Piana di Monteverna, Castel Di Sasso, Pontelatone, Fornicola, Giano Vetusto, Pignataro Maggiore, Pastorano, Castel Morrone, Vitelazio, Bellona, Casigliano, Capua, Grazianise, Santa Maria La Fossa, Cancello Arnone, Castel Volturno, Villa Literno, San Tammaro, Santa Maria Capua Vetere, Macerata Campania, Casapulla, San Prisco, Casagiove, Portico di Caserta, Recale, San Nicola in Strada, Capodrise, Marcianise, Caserta, Maddaloni, Valle di Maddaloni, Cervino, Santa Maria a Vico, Arienzo, San Felice a Cancello, Curti, Casal di Principe, San Cipriano d’Aversa, Villa di Briano, Frignano, Casaluce, Teverola, Carinaro, Gricignano d’Aversa, Succivo, Orta di Atella, San Marcellino, Trentola-Ducenta, Parete, Lusciano, Aversa, Cesa, Sant’Arpino, Casapesenna, San Marco Evangelista (tutti in provincia di Caserta).

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Riccio Bianco di Alepa

ORO NEL CALICE, ESTATE IN BOCCA!

E’ questa la sensazione che si prova gustando l’abbinamento proposto dai Sorbillo della loro delicata Pizza al Pesto con un prezioso “Riccio Bianco” di Alepa. Un Pallagrello che si avvia a prender posto tra le eccellenze dei vini campani.
L’intensità gusto-olfattiva del basilico fresco fusa con la dolcezza avvolgente della mozzarella ben si sposa con la freschezza di un bianco floreale, di un’elegante mineralità che denota carattere pur restando di facile beva.
L’asciutta sapidità di questo IGT da 14° ne fa infine un vino adatto anche ad abbinarsi con rustici, focacce e piatti ben conditi: con suadenza accattivante lascia il palato pulito e la voglia di berne ancora. In questo si mostra tutta l’arte del vinificatore, Paola Riccio, una donna, e già questo basterebbe, accattivante e di carattere… come il suo vino!

 

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Assenza Venditti

Altro che Assenza: qui Venditti c’è tutto! Ovvero c’è tutta la sua ricerca di equilibrio, freschezza, gradevole leggerezza del bere buono, in cordiale “presenza” di una compagnia a tutto pasto. Sia la profumata Falangina, di un vivace paglierino che già alla vista rinfresca, sia la presenza di corpo del rubino acceso della sua Barbera del Sannio danno il giusto supporto ai piatti della buona tavola quotidiana dove la prima esigenza è quella di completare il gusto in bocca senza mai appesantirsi troppo. La facile beva di questi vini giovani, semplici eppur completi, li rende ottimi compagni di viaggio sia per chi ha un palato esigente ma ricerca in essi un bere spensierato, sia per chi si accosta al bere sano ed ha l’esigenza di un vino di facile lettura. In entrambe i casi, ASSENZA di Antica Masseria Venditti è l’esatta interpretazione di uno degli alimenti più antichi dell’uomo, parte integrante di quell’ istinto primordiale del nutrirsi elevando il momento del pasto, a volte fatto semplicemente di pane e vino, a viatico del ricongiungersi all’ armonia del creato.